Ancora una volta, ed anche più di prima, ci si accorge dell’unione pressoché perfetta tra creatore e ricreatore, tra il compositore e l’interpreteIl 4° volume del ciclo chopiniano di Pietro De Maria unisce ai 26 preludi (il pianista vi include quello postumo e l’op.45) il Terzo Concerto per Pianoforte del compositore, il suo Allegro de concert. Ancora una volta, ed anche più di prima, ci si accorge dell’unione pressoché perfetta tra creatore e ricreatore, tra il compositore e l’interprete.
De Maria è profondamente sensibile alle violente oscillazioni di umore nei preludi, eppure tutto è eseguito con raro equilibrio, lucidità e raffinatezza tonale. Il pianista cattura il malessere indefinibile del n. 2 prima di volgersi con agilità e deliziosa leggerezza di tocco al brio del n. 3. È profondamente personale e riflessivo nell’elegia del n. 4 con il suo malinconico insistere su un unico intervallo, e i nn. 13 e 15 raramente possono essere stati suonati con tanto calore interiore e magia. Allo stesso tempo, c’è un superbo senso di tempesta e stress nel n. 22 e senza ricorrere, per esempio, all’inferno infuocato della Argerich, non è meno stupefacente la sua padronanza del suono e del furore nel 16mo Preludio.
Il fluttuante Preludio postumo in la bemolle maggiore difficilmente può essere stato suonato con tanta delicatezza e fantasia, e pochi pianisti hanno evocato un senso di immobilità così inquietante nell’oscuro e meditabondo Preludio op.45.
Ancora, nel temibile Allegro de concert ogni dettaglio brilla come fosse nuovo di zecca e Pietro De Maria attraversa un’ardua sfida dopo l’altra con una tecnica infallibile quanto discreta.
In sintesi, pochi recital di Chopin registrati su disco sono più “da musicista” di questo. La registrazione è raffinata quanto la performance e mi rimane solo da aggiungere che prima la Decca italiana renderà disponibile questo disco in tutto il mondo, meglio sarà. Gli ammiratori di questo meraviglioso giovane pianista devono sapere che l’uscita di altri tre dischi è programmata per quest’anno.
Ancora una volta, ed anche più di prima, ci si accorge dell’unione pressoché perfetta tra creatore e ricreatore, tra il compositore e l’interpreteIl 4° volume del ciclo chopiniano di Pietro De Maria unisce ai 26 preludi (il pianista vi include quello postumo e l’op.45) il Terzo Concerto per Pianoforte del compositore, il suo Allegro de concert. Ancora una volta, ed anche più di prima, ci si accorge dell’unione pressoché perfetta tra creatore e ricreatore, tra il compositore e l’interprete.
De Maria è profondamente sensibile alle violente oscillazioni di umore nei preludi, eppure tutto è eseguito con raro equilibrio, lucidità e raffinatezza tonale. Il pianista cattura il malessere indefinibile del n. 2 prima di volgersi con agilità e deliziosa leggerezza di tocco al brio del n. 3. È profondamente personale e riflessivo nell’elegia del n. 4 con il suo malinconico insistere su un unico intervallo, e i nn. 13 e 15 raramente possono essere stati suonati con tanto calore interiore e magia. Allo stesso tempo, c’è un superbo senso di tempesta e stress nel n. 22 e senza ricorrere, per esempio, all’inferno infuocato della Argerich, non è meno stupefacente la sua padronanza del suono e del furore nel 16mo Preludio.
Il fluttuante Preludio postumo in la bemolle maggiore difficilmente può essere stato suonato con tanta delicatezza e fantasia, e pochi pianisti hanno evocato un senso di immobilità così inquietante nell’oscuro e meditabondo Preludio op.45.
Ancora, nel temibile Allegro de concert ogni dettaglio brilla come fosse nuovo di zecca e Pietro De Maria attraversa un’ardua sfida dopo l’altra con una tecnica infallibile quanto discreta.
In sintesi, pochi recital di Chopin registrati su disco sono più “da musicista” di questo. La registrazione è raffinata quanto la performance e mi rimane solo da aggiungere che prima la Decca italiana renderà disponibile questo disco in tutto il mondo, meglio sarà. Gli ammiratori di questo meraviglioso giovane pianista devono sapere che l’uscita di altri tre dischi è programmata per quest’anno.