È un vero virtuoso, nel senso che ha le risorse pianistiche per fare qualunque cosa voglia, senza esibire la sua tecnica.
Il pianismo di De Maria è ricco di una qualità che sembra essere un segno distintivo dei migliori musicisti italiani… : il lirismo delle frasi lunghe. Nel suo Schubert ogni frase melodica, voce interna, linea del basso e finanche i passaggi virtuosistici erano risolti liricamente. Tutto cantava e respirava.
Le Reminiscences de Don Juan nell’interpretazione di De Maria trasudano tutta l’estasi e l’incubo che Mozart ha profuso nel Don Giovanni.
Ricordo che rivelazione fu l’incisione [della Wandererfantasie] di Sviatoslav Richter negli anni ’60. Al confronto con De Maria, Richter adesso risulta faticoso in alcuni punti e non altrettanto audace.
Pietro De Maria ha suonato con un’incredibile lucidità e una così compiuta maestria nel tocco che ci hanno ricordato il giovane Pollini.
Quando si ascolta De Maria suonare con un tocco straordinariamente ricco di sfumature e trattare il pedale con estrema levità, rinunciando a qualsiasi movimento superfluo delle braccia, con una precisione altamente concentrata, balza alla mente il giovane Maurizio Pollini.
Un poeta del suono e un mago della tastiera.
… il suono celestiale ci ha quasi fatto mancare il respiro.
Siamo rimasti sbalorditi dal suono incredibilmente sensuale di De Maria, che fin dal primo momento ha stregato l’uditorio.
La magia del suono.