A questo punto il programma era terminato, ma il pubblico non ha voluto abbandonare questo splendido artista. Ne è stato ricompensato con ben quattro bis... da un famoso Studio di Chopin a una Sonata di Scarlatti, da un Preludio di Bach a una strabiliante interpretazione della celebre “Campanella” di Liszt ispirata dall’omonimo Concerto di PaganiniNon c’era certo la gran folla della sera inaugurale ieri al Teatro Grande per il Recital del pianista Pietro De Maria, secondo appuntamento con il Festival Pianistico Internazionale. La serata è iniziata con gli avvertimenti al pubblico sugli apparati di sicurezza e abbiamo capito che – per carità, viva la sicurezza – dovremo subirli per tutto il Festival.
Poi la serata, com’è noto un omaggio monografico a Serghej Prokof’ev nel cinquantenario della morte, è iniziata con le “Visions fugitives op. 22” del compositore russo e dobbiamo dire che si sono rivelate non solo molto interessanti, ma anche molto gradevoli per il pubblico nella loro aforistica brevità: dalla semplice purezza del “Lentamente” iniziale al danzante umorismo del terzo pezzo, un “Allegretto”, dalla raffinatezza del gioco delle due voci “Con eleganza” al grottesco e caustico del “Ridicolosamente” – forse il più famoso brano ospitato nelle “Visions fugitives” – Pietro De Maria ha mostrato di saper virare anche molto bruscamente nel discorso musicale andando dall’ironia, dal carattere di Scherzo del tredicesimo pezzo alla durezza del “Fero” che ci ricorda il carattere caustico dei Sarcasmes, fino al trittico lirico presentato verso la parte finale della serie e soprattutto all’agitazione della penultima “Visione”, nella quale si dice che Prokof’ev abbia voluto rappresentare il magma della folla a Pietroburgo in occasione della Rivoluzione del 1917.
E così la storia irrompe nella musica, almeno in certi brani dell’autore russo. Certo questo non si avverte nella “Sonata n. 5 op. 38” che subito dopo Pietro De Maria ha proposto al pubblico nei suoi tre movimenti, con quell’Allegro tranquillo in forma di Sonatina e con quell’insolito, comunque sottilmente sarcastico, Andantino centrale e con un conclusione che strizza l’occhio allo Scherzo.
Ma la vera e propria prova da affrontare doveva ancora venire con la “Sonata n. 6 in la maggiore op. 82”, quella Sonata “di guerra” in cui emerge tutta l’angoscia per il terribile macello mondiale imminente. Dissonanze e durezze, un discorso musicale ricco di forza, quasi di brutalità: ecco, tutto questo ha saputo evocare col suo grandissimo impegno il giovane pianista interrompendo la foga “barbara” solo col lentissimo, struggente tempo di valzer.
A questo punto il programma era terminato, ma il pubblico non ha voluto abbandonare questo splendido artista. Ne è stato ricompensato con ben quattro bis e a chi temeva, dopo tanto Prokof’ev, qualche astruseria tonale, Pietro De Maria ha risposto con pezzi che hanno riconciliato tutti con la tonalità e con la bellezza musicale intesa in senso tradizionale, da un famoso Studio di Chopin a una Sonata di Scarlatti, da un Preludio di Bach a una strabiliante interpretazione della celebre “Campanella” di Liszt ispirata dall’omonimo Concerto di Paganini.
Un successone in piena regola: De Maria si riconferma quell’artista giovane ma pieno di risorse che avevamo già apprezzato in varie occasioni.
A questo punto il programma era terminato, ma il pubblico non ha voluto abbandonare questo splendido artista. Ne è stato ricompensato con ben quattro bis... da un famoso Studio di Chopin a una Sonata di Scarlatti, da un Preludio di Bach a una strabiliante interpretazione della celebre “Campanella” di Liszt ispirata dall’omonimo Concerto di PaganiniNon c’era certo la gran folla della sera inaugurale ieri al Teatro Grande per il Recital del pianista Pietro De Maria, secondo appuntamento con il Festival Pianistico Internazionale. La serata è iniziata con gli avvertimenti al pubblico sugli apparati di sicurezza e abbiamo capito che – per carità, viva la sicurezza – dovremo subirli per tutto il Festival.
Poi la serata, com’è noto un omaggio monografico a Serghej Prokof’ev nel cinquantenario della morte, è iniziata con le “Visions fugitives op. 22” del compositore russo e dobbiamo dire che si sono rivelate non solo molto interessanti, ma anche molto gradevoli per il pubblico nella loro aforistica brevità: dalla semplice purezza del “Lentamente” iniziale al danzante umorismo del terzo pezzo, un “Allegretto”, dalla raffinatezza del gioco delle due voci “Con eleganza” al grottesco e caustico del “Ridicolosamente” – forse il più famoso brano ospitato nelle “Visions fugitives” – Pietro De Maria ha mostrato di saper virare anche molto bruscamente nel discorso musicale andando dall’ironia, dal carattere di Scherzo del tredicesimo pezzo alla durezza del “Fero” che ci ricorda il carattere caustico dei Sarcasmes, fino al trittico lirico presentato verso la parte finale della serie e soprattutto all’agitazione della penultima “Visione”, nella quale si dice che Prokof’ev abbia voluto rappresentare il magma della folla a Pietroburgo in occasione della Rivoluzione del 1917.
E così la storia irrompe nella musica, almeno in certi brani dell’autore russo. Certo questo non si avverte nella “Sonata n. 5 op. 38” che subito dopo Pietro De Maria ha proposto al pubblico nei suoi tre movimenti, con quell’Allegro tranquillo in forma di Sonatina e con quell’insolito, comunque sottilmente sarcastico, Andantino centrale e con un conclusione che strizza l’occhio allo Scherzo.
Ma la vera e propria prova da affrontare doveva ancora venire con la “Sonata n. 6 in la maggiore op. 82”, quella Sonata “di guerra” in cui emerge tutta l’angoscia per il terribile macello mondiale imminente. Dissonanze e durezze, un discorso musicale ricco di forza, quasi di brutalità: ecco, tutto questo ha saputo evocare col suo grandissimo impegno il giovane pianista interrompendo la foga “barbara” solo col lentissimo, struggente tempo di valzer.
A questo punto il programma era terminato, ma il pubblico non ha voluto abbandonare questo splendido artista. Ne è stato ricompensato con ben quattro bis e a chi temeva, dopo tanto Prokof’ev, qualche astruseria tonale, Pietro De Maria ha risposto con pezzi che hanno riconciliato tutti con la tonalità e con la bellezza musicale intesa in senso tradizionale, da un famoso Studio di Chopin a una Sonata di Scarlatti, da un Preludio di Bach a una strabiliante interpretazione della celebre “Campanella” di Liszt ispirata dall’omonimo Concerto di Paganini.
Un successone in piena regola: De Maria si riconferma quell’artista giovane ma pieno di risorse che avevamo già apprezzato in varie occasioni.